Il vino è legato al vetro da sempre. Si separano solo quando il vino viene versato, il loro è un rapporto che può durare anche anni.
Ma dal 2023 ci sarà un ulteriore aumento dei costi, il quarto rincaro in questo tribolato anno per l’economia, del +20%.
Se fino a qualche tempo fa il problema delle cantine era quello di trovare le bottiglie, con l’inizio del nuovo anno sarà quello di doverle pagare ancora più care.
Paolo Castelletti, presidente di Uiv (Unione italiana vini), ci fa notare come in questo ultimo anno questo aumento arriverà ad un +70%, un fardello non facile da sostenere e, soprattutto, da comprendere poiché le tariffe energetiche sono rimaste sostanzialmente stabili ma, più che altro, c’è stato un credito d’imposta del 40% accordato ai comparti energivori per calmierare i prezzi, cosa che pare non sia stata presa in considerazione.
Sempre Castelletti ribadisce che a questo punto vedrebbe più utile sgravare economicamente le imposte sui produttori di vino, chiedendo al Governo di valutare un aiuto ad hoc in ambito di legge di bilancio per poter contenere un aumento di costi di materie prime necessarie che andrebbero a intaccare la competitività di uno dei prodotti maggiormente conosciuti ed apprezzati all’estero.
Tutto questo anche in virtù di tutti gli aumenti, oltre a quello del vetro, delle altre materie “secche” che gravitano attorno ad ogni cantina produttrice, vale a dire tappi, capsule, carta e cartone che a conti fatti arriva ad un aumento di 1,5 miliardi di euro di spese aggiuntive pari all’83% che andrà ad incidere sul budget iniziale dell’intero settore.
È inevitabile – perciò – che tutto questo ricadrà a pioggia sul consumatore, penalizzando soprattutto i segmenti basic e popular dell’offerta enologica nazionale.
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