Vino dealcolato, cos’è e perché?

Si inizia a parlare di vino dealcolato che dopo il via libera ricevuto dal Governo inizia a farsi vedere nei supermercati, nei wine store ma, anche, nei ristoranti e nei locali.

Sicuramente, anche in relazione con la nuova legislazione sui vini italiani, questa nuova sperimentazione potrebbe prendere piede in considerazione che oggi il vino viene messo sotto accusa per il suo contenuto di alcol, ma non dobbiamo mai dimenticare che è l’abuso che provoca danni, mentre un uso moderato rimane uno dei tanti piaceri che ci possiamo concedere.

Cos’è il vino dealcolato

Con il benestare del Governo all’eliminazione dell’alcol dal vino anche l’Italia entra in quella lista di Paesi produttori di vino dealcolato, con le aziende che iniziano quindi a dotarsi di tutti quegli impianti idonei ad attuare complesso questo processo che prevede grandi investimenti e ambienti ad hoc e strutturati secondo le specifiche esigenze.

Attualmente sono le medio-grandi aziende che si stanno adoperando per aggiungere ai loro prodotti classici i vini dealcolati, con l’introduzione di appositi macchinari che, oltre alla separazione alcol-vino, possano sottoporre i vini a filtrazione sterile, pastorizzazione e aggiungere antisettici in sostituzione dell’alcol che svolge questo processo in modo naturale.

I nuovi macchinari, che necessitano di un grande consumo di energia ed acqua, operano inizialmente con una prima fase detta osmosi, ovvero la separazione fra permeato (la parte del vino che contiene acqua, alcol e qualche componente acida) e il concentrato (dove troviamo i tannini, polifenoli, acidi e aromi).

Dopo questo processo il permeato entra nella sezione seguente del macchinario dove, in un sottovuoto controllato, l’alcol viene estratto quasi in purezza (80-90%) mentre l’acqua vegetale viene reintrodotta con delle pompe nel concentrato ottenendo, quindi, un vino senza alcol al 100%.

Pro e contro

Sicuramente la parte più interessante di questo processo è che per poter ottenere vini dealcolati è necessario, se non obbligatorio, partire da vini di qualità, privi di difetti, oltre che aromatici e privi di un’acidità fissa eccessiva.

I primi esperimenti hanno dato i migliori risultati con i vini sparkling in quanto l’anidride carbonica presente compensa con la mancanza dell’alcol, sia nel gusto che nella conservazione del prodotto.

Tra le noti dolenti possiamo senz’altro includere il grande consumo di energia ed acqua necessari per il corretto funzionamento dei macchinari e il fatto che il vino ha una vita breve, che non va oltre i due anni, e una volta aperto va consumato in pochi giorni.

Per concludere seguiamo con attenzione l’evoluzione di questa sperimentazione senza però continuare ad apprezzare le tantissime qualità di vino che l’Italia è in grado di produrre, lavorando piuttosto  su una corretta consapevolezza che bisogna bere con moderazione, ma di qualità.

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